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Fermare gli accordi GATS!

Possiamo fermare gli accordi GATS?
Ci siamo posti questa domanda e con sincerità dovremmo affermare che il movimento verso un cambiamento in questo senso sembra inarrestabile, anche se certamente esso sembra contravvenire quello che è il buon senso e la salvaguardia di un vivere civile.

Quindi la domanda che possiamo porci è la seguente: QUALI TIPI DI ACCORDI possiamo proporre in alternativa? Accordi che sottendano una tale modifica strutturale che sia foriera di nuove prospettive positive per tutti i paesi del mondo.

Il PROUT propone le seguenti strategie per frenare i pericoli dell'attuale globalizzazione economica:

- Introduzione della democrazia economica per contrastare il monopolio economico

- Creazione di unità socio-economiche autosufficienti

- Formazione di comunità economiche tra paesi aventi simili livelli di sviluppo, come nel caso della CEE, ASEAN, ANDEAN, SAARC ecc.  Il NAFTA (North Atlantic Free Trade Agreement) ha già causato numerosi disastri in Messico. Il Libero mercato, instaurato tra paesi poveri e ricchi, sta creando grossi problemi per i paesi poveri. Perciò tale ipotesi non può essere sostenuta.

- Riorientare la produzione: imperniata sul consumo locale e sulle materie prime indigene.

- Incoraggiare le piccole attività economiche, la meccanizzazione dell'agricoltura nei paesi sottosviluppati e in via di sviluppo.

- Incoraggiare industrie ad alta intensità di manodopera.

- Decurtare il monopolio economico

- Sradicare la corruzione.


Queste richieste possono avere positive implicazioni per tutti i Paesi, vediamole:

Introduzione della democrazia economica per contrastare il monopolio economico.

Che significa democrazia economica?
L'attuale sistema economico è in mano all'imprenditoria privata sia essa individuale che societaria. Il problema è che le decisioni che influenzano milioni di persone vengono prese nel nome della libera impresa da pochissime persone. Il potere economico, si sa, influenza tutti gli aspetti esistenziali e la sopravvivenza stessa dei cittadini.

A parte il fatto che il sistema di impresa cooperativa sembra essere più efficiente del sistema di impresa privata, rimane la necessità di coprire questa falla: la partecipazione della popolazione lavoratrice alla distribuzione dei profitti dell'impresa che possa autodeterminare la propria condizione economica è una necessità impellente. Questa partecipazione sia alle attività produttive che alla programmazione sociale ed economica locale viene definita come democrazia economica.

Oggi l'evoluzione sociale ed economica potrebbe passare per questo rinnovamento e portare ad una vera rivoluzione nel campo industriale a beneficio della popolazione locale e non di pochi eletti.

Creazione di unità socio-economiche autosufficienti.

Questa seconda richiesta mira a razionalizzare e rendere più saldo lo sviluppo economico.
Abbiamo già sperimentato la programmazione imposta e centralizzata di tipo sovietico e la centralizzazione produttiva nel monopolio liberista. Sono sistemi che non hanno garantito il benessere a tutti ma a pochi individui.

La dipendenza economica, tecnologica, energetica tra paesi diversi mette a repentaglio la sicurezza degli approvvigionamenti e quindi la stessa esistenza sociale.
I nazionalismi stanno gradatamente scomparendo.
L'idea è di organizzare delle strutture socio-economiche o Unità socio-economiche che siano autosufficienti dal punto di vista economico, per ciò che riguarda l'approvvigionamento dei beni di minima necessità  e per esprimere al massimo grado le proprie potenzialità produttive.
Questo è possibile solo quando tutta la popolazione partecipa alle attività socio-economiche in un sistema cosiddetto di democrazia economica. Ognuno porta con sé una piccola responsabilità produttiva, per il proprio futuro.


Formazione di comunità economiche tra paesi aventi simili livelli di sviluppo

Il tentativo attuale di ingresso nella Comunità Economica Europea dei paesi dell'ex area sovietica, potrebbe causare delle ripercussioni negative all'intera struttura sociale ed economica dei paesi UE.
Le differenze sia nel campo strutturale che produttivo sono enormi. Le attuali agevolazioni a settori della produzione e dei servizi europei, andrebbero dirottati nell'aiutare l'elevazione dello standard economico di questi paesi ex sovietici.

E' certamente una buona intenzione, ma non vi è la certezza che il tentativo possa andare a buon fine in quanto, per esperienza, ci si è accorti che non sono solo gli aiuti economici e l'ingresso in una famiglia più grande gli ingredienti sufficienti dello sviluppo locale: vi sarebbero implicazioni di carattere sia culturale che sociale, politico, strutturale e infrastrutturale, responsabili della creazione del tessuto socio-economcio che auto-sostiene e mantiene un certo livello di sviluppo locale. Impiantare un certo tipo di attività produttiva avanzata in un tessuto socio-economico che non l'ha maturata, non è foriero di sviluppo equilibrato e vi sono tutte le possibilità che possa, prima o poi, crollare. In altre parole invece di creare lo sviluppo economico si dà  luogo a pericolose situazioni di sfruttamento economico.

Guardiamo a qualche esempio: la Repubblica Ceca. Trovate rare aziende locali e una miriade di aziende estere che hanno investito in R. Ceca, dai supermercati inglesi e francesi, alle assicurazioni italiane e inglesi, alla telefonia...
L'output di queste aziende estere che operano in R. Ceca, se pure vi è la promessa di dare lavoro locale, è certamente un depauperamento dell'economia locale per l'esportazione di valuta. E' evidente da questo esempio che i paesi con un modesto sviluppo economico non sono in grado di competere con quelli più sviluppati e ne sono soggiogati.

Una comunità economica dei paesi dell'ex area sovietica.

La realizzazione di una comunità economica dei paesi dell'ex area sovietica potrebbe essere il primo passo per questi paesi, dalle simili condizioni sociali ed economiche per far fronte comune e aiutarsi a vicenda nel rafforzamento 'progressivo' delle proprie economie in armonia con la progressiva partecipazione della popolazione al proprio sviluppo.

2002-10-04 Tarcisio Bonotto


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